“Riforma di sinistra, basta diktat. C’è chi pensa solo a battere Renzi”
Intervista a Monica Guerzoni, Corriere della Sera, 15 agosto 2016
«Non è con il ping pong delle dichiarazioni che troveremo un accordo sulla legge elettorale»
Ci risentiamo dopo Ferragosto, presidente Orfini?
«Ma no, parlo volentieri… Voglio dire che non condivido gli ultimatum di questi giorni, il nostro dibattito ha alcuni aspetti surreali. Leggo interviste di vari leader del mio partito che ragionano su cosa fare per sconfiggere Renzi».
Chi ha ragione, il segretario o la minoranza?
«Segnalo che in un partito normale leggeremmo interviste su cosa fare per sconfiggere Grillo e Salvini. Non credo che i nostri militanti, che stano facendo vivere le feste dell’Unità, la ritengano la normalità. Forse dovremmo renderci conto che la riforma costituzionale non è un capriccio di Renzi, ma una riforma nella storia della sinistra italiana».
Arturo Parisi docet: l’ideatore dell’Ulivo voterà Sì.
«Come ha ricordato Parisi questa riforma è nella storia dell’Ulivo. Sono le battaglie della sinistra di D’Alema, Veltroni e Bersani, che si è affermata in contrapposizione a una deriva minoritaria. E dispiace che alcuni protagonisti di quelle stagioni oggi flirtino con chi gli organizzava i girotondi contro» .
Voterà Sì anche Prodi?
«Non so, non mi permetterei mai di tirare la giacchetta a Prodi. Ma stiamo parlando di una riforma che ricalca la tesi numero 4 dell’Ulivo, con cui vincemmo le elezioni».
Se l’ex braccio destro di Bersani, Vasco Errani, andasse al governo, il Pd ritroverebbe l’unità?
«I toni dell’intervista al Corriere, più del merito, erano apprezzabili. Il Pd e il governo hanno bisogno di tutte le energie, ma resto dell’idea che un partito si consolida e si rafforza nella sintesi politica, non sugli organigrammi».
Speranza e Cuperlo chiedono che si cambi l’Italicum e Guerini risponde offrendo la legge per l’elezione del Senato. Non era già nei patti?
«Insisto, non condivido questi toni. A colpi di ultimatum non si va avanti».
Sbaglia la minoranza quando dice che tocca a Renzi prendere l’iniziativa per ricomporre il partito?
«Il Pd una legge l’ha fatta e c’è. Siccome molti avanzano legittimamente la richiesta di modificarla, verifichiamo se ci sono queste condizioni. Io ho proposto il modello greco, turno unico e premio di governabilità al primo partito».
I bersaniani hanno lanciato il Mattarellum 2.0 e se l’Italicum non cambia diranno No.
«Mattarellum 2.0 è una delle ipotesi. Sediamoci e verifichiamo se c’è una maggioranza su questa o su altre ipotesi, non solo dentro il Pd. Dovremmo anche, con un po’ di orgoglio, rivendicare i nostri meriti. Dopo confronti anche laceranti abbiamo centrato due obbiettivi che la sinistra inseguiva da vent’anni».
Quindi, non si tocca nulla?
«Se alcune cose possono essere migliorate, lavoriamo per farlo».
L’Italia non cresce e i No sono in vantaggio… Renzi rischia di rompersi il collo?
«Sto facendo campagna in giro per l’Italia e vedo che, quando si riesce a discutere del merito, tutti capiscono che la vittoria del Sì rafforzerebbe il Paese, chiudendo l’eterna transizione istituzionale. Il modo migliore per vincere è stare al merito e sgombrare il campo da altri significati».
Il Pd a Roma si è messo a rincorrere i grillini?
«Stanno emergendo le contraddizioni tra quanto dichiarato in campagna elettorale dal M5S e la successiva gestione del potere. Ma il punto centrale è che parte del Movimento sta ereditando un pezzo di quel sistema che ha distrutto Roma. Un grumo di interessi economici e di relazione col potere, che sui rifiuti sta emergendo con grande evidenza».
Non è certo il Pd che può scagliare la prima pietra su Virginia Raggi.
«Io non ho mai detto che se Roma è sporca è colpa della Raggi. Ho detto che riconsegnare la gestione alla lobby di Panzironi, Cerroni e Alemanno, con la scelta di un pezzo da 90 di quel sistema di potere, è una politica devastante».