Un grande Pd per l’Italia

Intervista di Carlo Bertini, la Stampa, venerdì 21 luglio

«Certo che, per tutti i nostalgici delle coalizioni, si misura molto bene in questa fase quanto sia faticoso procedere così, tra un veto e l’altro, con il rischio di uno stallo».
Matteo Orfini, presidente del Pd, ha gioco facile a bocciare la primazia delle coalizioni, in una fase in cui il governo è paralizzato dai veti di piccoli partiti.

Come farete ad andare avanti fino a Natale così?
«Abbiamo grande fiducia in Gentiloni e questo ci conforta anche se siamo sconcertati del comportamento dei nostri alleati. C’è chi ha fatto addirittura una scissione dal Pd con il solo argomento di rafforzare il governo, salvo iniziare il giorno dopo a votargli contro. Ora vedo che si tenta di far prevalere gli egoismi di partiti anche sul fronte moderato. Noi sosteniamo il nostro governo e ci aspettiamo altrettanto senso di responsabilità».

Bisognerebbe siglare un patto di fine legislatura con Mdp e Ap?
«È chiaro che ci sono alcune urgenze e passaggi obbligati, come la legge di stabilità e ce sono anche altri, ma l’agenda spetta al premier fissarla. È giusto che ci diamo obiettivi ragionevoli e li perseguiamo senza una tensione perenne».

Gentiloni doveva sfidare i veti di Ap sullo ius soli?
«Per me, che tenevo molto a quella legge, non sono state belle giornate vedere Salvini e Casapound festeggiare. Gentiloni ha più elementi per valutare, se ha deciso così lo ha fatto perchè la legge non sarebbe passata. E non ha rinunciato, ha rinviato a settembre, quando si dovrà approvare senza modifiche. Perché non regge la presa in giro di modificarla: significa affossarla».

Chiederete a Mattarella di esercitare moral suasion per far votare la legge di stabilità?
«Non penso vada tirato in ballo il presidente della Repubblica, ma dobbiamo cominciare a discutere della manovra: e tutti si devono far carico di approvarne una con le caratteristiche necessarie per la ripresa del paese. Niente aumenti di tasse, misure per l’occupazione e stabilizzare un pezzo del mondo del lavoro, riducendo il precariato. Queste alcune ricette giuste».

Con che strategia potete puntare a vincere le elezioni?
«La legge proporzionale obbliga a presentare il proprio progetto al paese. Dobbiamo costruire un grande Pd più largo e inclusivo: non ceto politico, ma relazioni con pezzi di società. Abbiamo due avversari, Grillo e la destra, sempre più sovrapponibili. E spero che dopo il voto si possa costruire un governo guidato dal Pd con altre forze di sinistra arrivate in Parlamento».

Un governo guidato da Renzi?
«Noi abbiamo stabilito che il nostro candidato premier lo facciamo scegliere agli elettori con le primarie. So che altri vorrebbero tornare ai tavoli della prima Repubblica. Io preferisco un modello europeo, dove fa il premier chi prende più voti e non chi raccoglie meno veti».

Cosa pensa dell’analisi di Parisi secondo cui Renzi è prigioniero del suo Io e votato a perdere?
«Mi pare sbagliata. Il Pd non è Renzi, ma una grande comunità: meglio perdere che perdersi lo diceva Parisi. Credo che in una fase come questa abbiamo bisogno di credere al progetto del Pd e capire come innovarlo. E la conferenza programmatica di ottobre è proprio questo. Se tutti smontano le tende e vengono a discutere fanno il bene del Pd. Ma una discussione si fa guardandosi negli occhi, non uno a casa, uno in tenda. Se si discute insieme del Pd lo rafforziamo».

Pensa sia possibile un esodo dal Pd, al momento di fare le liste elettorali, di tutte le correnti che verranno marginalizzate?
«La trovo una rappresentazione caricaturale, spero non ci sia nessuno che sta nel Pd in base ai posti che prende».

Ora che si è chiusa la vicenda di mafia­ capitale, ritiene di aver fatto pulizia a sufficienza nel Pd romano?
«Il partito è rigenerato e bonificato. La vicenda giudiziaria si è chiusa con la condanna di tutti gli esponenti Pd che erano indagati, ma anche con il riconoscimento che il Pd di Roma in quanto parte civile è leso dal comportamento dei condannati. Quello che mi pare importante è un riconoscimento del lavoro della procura di Roma che ha inferto un duro colpo alla criminalità».

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