Italia – Libia, ora serve chiarezza
Intervista di Diego Motta, Avvenire, domenica 6 ottobre
La presenza del supertrafficante libico Bija al tavolo sui migranti di Mineo rischia di gettare una luce sinistra sui rapporti tra Roma e Tripoli. «Le immagini dell’incontro avvenuto in Sicilia l’11 maggio 2017 rappresentano un salto di qualità e confermano grandi opacità nelle relazioni tra i due Paesi» osserva Matteo Orfini, il primo nel Pd a rompere sin da subito il silenzio sulla vicenda, rimanendo peraltro abbastanza isolato. «Su quella stagione va fatta una profonda autocritica, che ancora manca continua il parlamentare democratico – mentre vedo invece che il nuovo governo Conte si affretta a rilanciare e confermare un rapporto organico con Tripoli nel controllo dei flussi. Lo stesso presidente del Consiglio l’ha fatto, rivendicando il ruolo centrale della Guardia costiera libica».
In questi giorni, la stessa fotografia dell’incontro di Mineo ha portato a cinque diverse letture dei fatti da parte degli attori protagonisti. Com’è possibile? Chi non vuole ricostruire la catena delle responsabilità?
Non posso credere che un incontro del genere sia stato organizzato senza che i servizi segreti ne sapessero nulla. Le personalizzazioni non mi piacciono, si tratti di Minniti o di Gentiloni, che aveva la delega all’epoca sugli 007. Però è necessario che i protagonisti parlino, senza più reticenze.
Ma la commissione d’inchiesta parlamentare che avete invocato sulla vicenda non rischia di essere il solito tormentone che non risolve nulla?
Intanto, è uno strumento utile per ricostruire come sono andate le cose. Poi registro che alcune voci del mio partito, il Pd, esponenti di Leu e di +Europa e lo stesso sottosegretario Sibilia per i Cinque stelle di fatto chiedono di poter capire cosa è successo. Non è poco: vogliamo capire se è stato siglato o no un patto pazzesco tra lo Stato italiano e le milizie guidate dai trafficanti di esseri umani, allo scopo di contenere i flussi migratori. Devo aggiungere un’altra cosa.
Quale?
Degli accordi con la Libia di quella stagione non abbiamo mai discusso, né in una riunione del Pd e nemmeno in Parlamento. L’Aula non ha mai ratificato niente su questo tema. In questi anni ci siamo chiesti quanti profughi arrivano in Italia e non da dove scappano e perché. Se ci mettiamo poi i casi inquietanti documentati dei respingimenti in mare e il ruolo opaco dei servizi italiani, mi pare che alla domanda sulle responsabilità diventi necessario dare una risposta in tempi brevi.
Lei che risposte si è dato nel frattempo?
Se i migranti non arrivano è perché o muoiono in mare o vengono rinchiusi nei centri di detenzione. Che fine fanno, altrimenti? Penso si tratti di interrogativi che un grande partito di sinistra come il Pd deve porsi. Invece, vedo da tempo soltanto subaltenità culturale a Salvini: si ha paura di avere un pensiero radicalmente alternativo alla destra. Con un solo risultato, alla fine: che se la sinistra copia la destra, i cittadini poi scelgono l’originale.
Cosa è necessario fare subito, perché ci sia dunque discontinuità nelle politiche sui migranti?
Bisogna stracciare gli accordi con Tripoli, ricostruire un rapporto equilibrato con le Ong che sono state criminalizzate, revocare integralmente i decreti sicurezza.
Darà atto almeno al nuovo ministro Lamorgese che qualcosa si sta facendo, come hanno dimostrato gli accordi di Malta…
Sono piccolissimi passi in avanti. Intendiamoci: è molto positivo che finalmente il ministro degli Interni vada ai vertici internazionali e che l’Italia abbia il ruolo che le spetta. Con Salvini non era così. Ma l’inversione di tendenza ancora non c`è. Ripeto: è un compito innanzitutto del Pd. Soltanto sei anni fa eravamo noi a lanciare la meritoria operazione Mare Nostrum per salvare vite nel Mediterraneo, eravamo noi a rivendicare il diritto di dare degna sepoltura ai morti del mare. Che fine hanno fatto adesso quelle battaglie?