Intervista di Francesca Schianchi, La Stampa, sabato 2 dicembre

Matteo Orfini, presidente del Pd, lei è partito di nuovo all’assalto di Bankitalia: state usando questa vicenda per fare campagna elettorale?
«E’ un’obiezione curiosa: il fatto è che, per mesi, alcuni pezzi dell’editoria e della politica, inclusa la presunta sinistra esterna al Pd, hanno raccontato una storia. Che oggi si sta sgretolando in Commissione».

Salvini insiste che il «disastro delle banche» è colpa del Pd.
«Salvini chiami Zaia e si faccia raccontare chi sono Consoli e Zonin: scoprirà che col Pd non c’entrano nulla».

Voi cantate vittoria, ma il lavoro non è ancora finito. Non sarebbe consigliabile più cautela?
«Ma noi stiamo lavorando da mesi. E in tutti i casi emergono temi ricorrenti: manager spregiudicati e in alcuni casi pericolosi e un meccanismo di vigilanza che non ha funzionato, con difficoltà di dialogo tra Consob e Bankitalia. E poi una cosa molto inquietante è come Bankitalia abbia potuto considerare una banca in difficoltà come la Popolare di Vicenza un perno intorno a cui aggregare parte del sistema».

Bankitalia nega di aver incentivato l’aggregazione tra Popolare di Vicenza e Banca Etruria.
«Dire le bugie è peccato. Bankitalia conosce le carte che ci ha consegnato e che sono secretate, e noi le abbiamo lette».

Non è un po’ troppo semplicistico scaricare sempre tutte le colpe su Bankitalia?
«Alla base ci sono alcuni comportamenti, a volte addirittura fraudolenti, degli amministratori: ma se il sistema di vigilanza avesse funzionato bene, probabilmente le crisi si sarebbero potute evitare. Consob ci ha detto che, se avesse avuto a disposizione tutti i dati che aveva Bankitalia, in alcuni casi non avrebbe agito come ha fatto».

Pensa che Visco rischi di dover rassegnare le dimissioni?
«Il nostro giudizio su Visco lo abbiamo dato esplicitamente quando abbiamo fatto la mozione in Parlamento. Dal momento in cui il governo ha deciso di riconfermarlo, è il governatore e rispettiamo il suo lavoro».

Ma secondo lei l’attività della Commissione può spingerlo alle dimissioni?
«Visco ha chiesto di venire in Commissione per chiarire: lo ascolteremo attentamente. Il nostro lavoro serve a evitare che queste crisi si ripetano, non a processare questo o quell’ altro».

A sentirvi non si direbbe. Secondo i retroscena anche Palazzo Chigi e il Quirinale sarebbero preoccupati dai vostri toni
«A me non risulta, e comunque sarebbe curioso se nel momento in cui si insedia la Commissione che ha come unico obiettivo la ricerca della verità, qualcuno guardasse la cosa con preoccupazione».

Intervista di Giovanna Casadio, la Repubblica, domenica 12 novembre

«Riconosco al governo e al ministro Marco Minniti di avere messo in campo una politica per i migranti, unico paese in Europa, ma è indispensabile rivedere alcuni punti e su questo Emma Bonino ha ragione». Matteo Orfini, il presidente del Pd, condivide la necessità di modifiche e aggiustamenti.

Orfini, cosa risponde alla leader radicale Bonino che chiede al Pd di cambiare linea sui migranti come pre-condizione per un dialogo politico con Renzi?
«Emma Bonino ci ricorda che stiamo parlando di vite umane. Ecco, mi fermerei al confronto di merito. Non voglio usare una vicenda del genere per discutere di alleanze ma le preoccupazioni di Bonino, le cose che io ho detto nei mesi passati e l’impegno del governo mi pare siano basati su obiettivi simili».

Seguite quindi la traccia e l’invito a cambiare politiche sui migranti della leader radicale?
«A me sembra che ci sia da discutere l’efficacia di questa o quella misura, ma se gli obiettivi sono gli stessi e cioè salvare vite, garantire i diritti umani e favorire l’integrazione, non faremo fatica a trovare un percorso comune».

Lei è stato critico in passato sulle politiche migratorie del governo, in questo d’accordo con il ministro Delrio.
«Guardi, il governo ha fatto cose positive, perché è giusto coinvolgere l’altra sponda del Mediterraneo. È giusto immaginare politiche di integrazione nel nostro paese. È giusto combattere in Europa affinchè ci sia una gestione condivisa. Però occorre stare molto attenti su alcuni aspetti, quelli appunto denunciati da Bonino. Il primo punto è che le Ong siano alleate, non nemiche. Invece, non da parte del governo, ma c’è stata una campagna che le ha demonizzate».

Tenere lontane le Ong non crede sia sospetto?
«Tutti devono rispettare le regole. Ma di fronte a scene come quella dell’altro giorno dello scontro tra libici e Ong, in cui i migranti muoiono e nessuno interviene, è opportuno riflettere. E questo è il secondo punto. Va bene rivendicare la diminuzione degli sbarchi, ma se le persone non arrivano più perché muoiono nel deserto o perché rinchiuse in un lager, non abbiamo risolto un bel nulla».

L’accordo con la Libia va rimesso in discussione?
«Non è l’accordo con la Libia ad essere sbagliato, ma quel paese deve garantire dignità, legalità e rispetto dei diritti umani. Mentre ci sono situazioni fuori controllo».

Questa è una richiesta del Pd al governo?
«Minniti ha più volte detto che condivide questa preoccupazione. Il Pd lo va ripetendo. E l’altro punto che intendevo sollevare è che di fronte al clima che c’è nel paese noi dem dobbiamo essere il principale argine culturale e politico al razzismo».

Ma non siete neppure riusciti ad approvare lo ius soli.
«Dobbiamo assolutamente riuscirci. Mesi fa dissi che l’unico strumento era che il governo mettesse la fiducia, resto di questa idea. Capisco le preoccupazioni di chi ha paura che sia una misura impopolare, ma un grande partito di sinistra, quale il Pd è, di fronte a una misura giusta ma impopolare la fa e si impegna a spiegarla all’opinione pubblica».

Intervista di Luca De Carolis, il Fatto Quotidiano, venerdì 10 novembre

Nega un soccorso “rosso”, anche indiretto: “Nel ballottaggio di Ostia si sfideranno due destre, per noi sono la stessa cosa”. E boccia la manifestazione per la legalità indetta nel municipio dalla sindaca di Roma, la 5Stelle Virginia Raggi: “Invece di strumentalizzare aderisca a quella convocata dalla Federazione nazionale per la stampa e da Libera per il 16 novembre. Lì noi ci saremo”. Matteo Orfini, presidente del Pd nazionale ed ex commissario del partito romano, chiude la porta all’iniziativa della sindaca.

Quello di Raggi era un invito rivolto a tutti, “a prescindere dalle appartenenze”. Non era il caso di accettarlo?

La manifestazione unitaria è quella del 16 novembre, indetta dalla Fnsi, che rappresenta i giornalisti aggrediti a Ostia. Credo che la sindaca di Roma avrebbe il dovere di aderire come Comune a quell’evento, rinunciando invece a quella che ha convocato tramite il blog di Beppe Grillo. Se vuoi unire, da sindaca di tutti i romani, non adoperi un portale di propaganda politica.

Il Pd di Roma ha bollato la manifestazione indetta dal Comune come “strumentale”. Condivide?

È quello che ho appena detto. Non si mettono bandierine su cose come queste.

Lo fa per pescare voti a sinistra?

Temo che il M5S non abbia il curriculum per farlo, proprio come la destra. Quando io e il sub-commissario del Pd nel X Municipio Stefano Esposito abbiamo fatto la battaglia contro la mafia locale, ci siamo presi gli insulti di Roberto Spada sui social network. E gli altri partiti ci hanno lasciati soli: compreso il M5S .

Oggi lei ed Esposito su Democratica accusate: “Chiedemmo più volte ai dirigenti del M5S, apertamente sostenuto dalla famiglia Spada nelle elezioni del 2016, di prendere le distanze da loro e dalle finte associazioni antimafia. La risposta? Barillari, consigliere regionale, querela Esposito, Luigi Di Maio querela Orfini. Conferma?

Sì. A Ostia ci sono decine di finte associazioni antimafia, che hanno sempre sostenuto il M5S , e che hanno rapporti in particolare con il consigliere regionale Davide Barillari e con l’attuale capogruppo in Campidoglio, Paolo Ferrara. E sono le stesse associazioni che su Facebook intrattenevano relazioni affettuose con Roberto Spada e sua moglie.

Quindi gli Spada avrebbero sostenuto i 5Stelle? Il sillogismo non è affatto automatico.

Diciamo che Barillari e Ferrara non erano consapevoli delle relazioni tra le associazioni e Spada. Dopodiché noi segnalammo questi rapporti al M5S , anche in via privata. E sono arrivate le querele di Di Maio, archiviata, e di Barillari.

Potrebbero opporle che il X Municipio l’hanno sciolto per mafia quando lo guidava il Pd. E che l’ex presidente dem è stato condannato in primo grado.

Quel presidente l’ho fatto dimettere io, prima che fosse indagato. Abbiamo fatto un lavoro enorme per rigenerare il partito, prendendoci un mare di critiche anche da dentro il Pd. Ma nello stesso tempo scoprimmo la rete di finte associazioni, che ci diffamarono e insultarono.

Come fa a dire che sono finte?

Le segnalammo anche alla commissione Antimafia, che ha confermato la nostra analisi.

Il M5S ha preso le distanze dagli Spada, più volte.

Ne sono felice. E dico: finalmente. Ma c’è qualcuno che questa battaglia l’ha sempre fatta.

Tanti elettori del Pd voteranno comunque i 5Stelle pur di non far vincere la destra.

Io penso che i 5Stelle siano di destra. Hanno votato contro le unioni civili, sono contro lo ius soli e sull’ immigrazione spesso rincorrono Matteo Salvini.

Mdp e Sinistra italiana però annunciano il loro sostegno nel ballottaggio.

Sono compagni confusi, a forza di spostarsi a sinistra sono finiti a destra.

Voi non ci siete neppure arrivati al secondo turno.

Abbiamo fatto delle scelte, recidendo i rapporti con balneari e affini. C’era un prezzo da pagare, ma siamo pur sempre il secondo partito nel Municipio. Con un futuro.

Intervista di Luca De Carolis, il Fatto Quotidiano, venerdì 10 novembre

Nega un soccorso “rosso”, anche indiretto: “Nel ballottaggio di Ostia si sfideranno due destre, per noi sono la stessa cosa”. E boccia la manifestazione per la legalità indetta nel municipio dalla sindaca di Roma, la 5Stelle Virginia Raggi: “Invece di strumentalizzare aderisca a quella convocata dalla Federazione nazionale per la stampa e da Libera per il 16 novembre. Lì noi ci saremo”. Matteo Orfini, presidente del Pd nazionale ed ex commissario del partito romano, chiude la porta all’iniziativa della sindaca.

Quello di Raggi era un invito rivolto a tutti, “a prescindere dalle appartenenze”. Non era il caso di accettarlo?
La manifestazione unitaria è quella del 16 novembre, indetta dalla Fnsi, che rappresenta i giornalisti aggrediti a Ostia. Credo che la sindaca di Roma avrebbe il dovere di aderire come Comune a quell’evento, rinunciando invece a quella che ha convocato tramite il blog di Beppe Grillo. Se vuoi unire, da sindaca di tutti i romani, non adoperi un portale di propaganda politica.

Il Pd di Roma ha bollato la manifestazione indetta dal Comune come “strumentale”. Condivide?
È quello che ho appena detto. Non si mettono bandierine su cose come queste.

Lo fa per pescare voti a sinistra?
Temo che il M5S non abbia il curriculum per farlo, proprio come la destra. Quando io e il sub-commissario del Pd nel X Municipio Stefano Esposito abbiamo fatto la battaglia contro la mafia locale, ci siamo presi gli insulti di Roberto Spada sui social network. E gli altri partiti ci hanno lasciati soli: compreso il M5S .

Oggi lei ed Esposito su Democratica accusate: “Chiedemmo più volte ai dirigenti del M5S, apertamente sostenuto dalla famiglia Spada nelle elezioni del 2016, di prendere le distanze da loro e dalle finte associazioni antimafia. La risposta? Barillari, consigliere regionale, querela Esposito, Luigi Di Maio querela Orfini. Conferma?
Sì. A Ostia ci sono decine di finte associazioni antimafia, che hanno sempre sostenuto il M5S , e che hanno rapporti in particolare con il consigliere regionale Davide Barillari e con l’attuale capogruppo in Campidoglio, Paolo Ferrara. E sono le stesse associazioni che su Facebook intrattenevano relazioni affettuose con Roberto Spada e sua moglie.

Quindi gli Spada avrebbero sostenuto i 5Stelle? Il sillogismo non è affatto automatico.
Diciamo che Barillari e Ferrara non erano consapevoli delle relazioni tra le associazioni e Spada. Dopodiché noi segnalammo questi rapporti al M5S , anche in via privata. E sono arrivate le querele di Di Maio, archiviata, e di Barillari.

Potrebbero opporle che il X Municipio l’hanno sciolto per mafia quando lo guidava il Pd. E che l’ex presidente dem è stato condannato in primo grado.
Quel presidente l’ho fatto dimettere io, prima che fosse indagato. Abbiamo fatto un lavoro enorme per rigenerare il partito, prendendoci un mare di critiche anche da dentro il Pd. Ma nello stesso tempo scoprimmo la rete di finte associazioni, che ci diffamarono e insultarono.

Come fa a dire che sono finte?
Le segnalammo anche alla commissione Antimafia, che ha confermato la nostra analisi.

Il M5S ha preso le distanze dagli Spada, più volte.
Ne sono felice. E dico: finalmente. Ma c’è qualcuno che questa battaglia l’ha sempre fatta.

Tanti elettori del Pd voteranno comunque i 5Stelle pur di non far vincere la destra.
Io penso che i 5Stelle siano di destra. Hanno votato contro le unioni civili, sono contro lo ius soli e sull’ immigrazione spesso rincorrono Matteo Salvini.

Mdp e Sinistra italiana però annunciano il loro sostegno nel ballottaggio.
Sono compagni confusi, a forza di spostarsi a sinistra sono finiti a destra.

Voi non ci siete neppure arrivati al secondo turno.
Abbiamo fatto delle scelte, recidendo i rapporti con balneari e affini. C’era un prezzo da pagare, ma siamo pur sempre il secondo partito nel Municipio. Con un futuro.

Intervista di Tommaso Ciriaco, la Repubblica, venerdì 20 ottobre.

Presidente Matteo Orfini, il Pd continua a chiedere che Visco non venga riconfermato. Non intendete fermarvi?

«Sono colpito dalle reazioni contro il Pd. E, soprattutto, dagli argomenti usati. Non uno che abbia avuto il coraggio di dire che serve continuità in Bankitalia perché in questi anni ha vigilato bene sulle crisi bancarie. E sa perché? Perché sanno tutti che qualcosa non ha funzionato, quindi ne fanno tutti una questione di metodo… Ma c’è davvero chi pensa che di fronte agli attacchi il Pd non andrà comunque fino in fondo per accertare la verità?».

Può chiederlo al governo, che voleva confermare Visco, fino alla vostra mozione.

«Guardi che la mozione è stata presentata con il parere positivo del governo».

Ottenuto dopo molte pressioni e solo all’ultimo secondo. Così mettete Gentiloni in seria difficoltà, non le pare?

«C’era il parere positivo del governo. In ogni caso abbiamo sempre detto che ci affidiamo alla volontà del presidente del Consiglio, che ha capacità e competenze per risolvere situazioni complicate come queste. Piuttosto, è surreale che in una Repubblica parlamentare si consideri un’inaccettabile ingerenza del Parlamento la volontà di ragionare su quanto accaduto nella vigilanza bancaria. Ma mi arrabbio soprattutto quando vedo le simpatiche alzate di sopracciglio di quella sinistra che dà battaglia nei convegni, ma appena serve è in prima linea per difendere i salotti buoni e l’establishment del Paese».

Non sono toni al limite del grillismo?

«Ma quale grillismo, in questi vent’anni abbiamo pagato un prezzo altissimo a causa di alcune scelte. E tutto perché alcuni leader di sinistra provenienti dalla mia stessa storia e i loro variegati epigoni hanno sofferto un’ansia di legittimazione dell’establishment e difeso l’indifendibile. Hanno fatto scempio con le privatizzazioni, svendendo pezzi di Paese e imposto scelte assurde come il fiscal compact durante il governo Monti. Questo ha provocato una frattura tra sinistra e popolo».

Se la prende con i salotti, ma le critiche sono di Veltroni, Napolitano, Prodi. Come replicate?

«Che sono posizioni assolutamente legittime. E che non le condivido assolutamente».

E Mattarella? Anche lui era orientato alla riconferma di Visco.

«Non ho idea della volontà del presidente su questo punto. Come sempre, ci affidiamo al suo giudizio. D’altra parte, non abbiamo detto “questo governatore sì, questo no”, ma abbiamo espresso un giudizio politico».

Con cui avete sfiduciato Visco. C’è chi dice anche che la commissione d’inchiesta sulle banche sia una ritorsione contro di lui.

«Ma quale ritorsione, cerchiamo la verità. Guardi che nella legge istitutiva della commissione c’è un punto che chiede la verifica dell’adeguatezza della vigilanza».

I risultati possono indebolire un governatore eventualmente riconfermato?

«L’esito dei lavori della commissione arriverà tra diversi mesi, a nomina già fatta. È ovvio che i lavori sono finalizzati a ricercare la verità. E su questo il Pd, nonostante le ingerenze, non si fermerà. Deve avere paura solo chi teme la verità, certo non noi».

Salvini chiede l’audizione immediata di Visco in commissione, cosa farete?

«Salvini stia sereno. Convocheremo Visco, ma dopo aver acquisito e letto i documenti – alcuni dei quali secretati – di Banca d’Italia».

Con Boschi al governo non prestate il fianco alle critiche delle opposizioni, che legano questa vicenda a Banca Etruria?

«Senta, questo modo di affrontare le cose mostra il tentativo di buttare tutto in caciara, come si dice a Roma. Noi non abbiamo nulla da nascondere. E ricordo che i vertici di Banca Etruria, tra cui papà Boschi, sono stati commissariati durante il governo Renzi».

Non è che attaccate Visco per indebolire anche Mario Draghi, carta istituzionale in caso di stallo politico? A pensar male si fa peccato, ma si indovina?

«Non era Draghi a vigilare sulle banche».

Intervista di Tommaso Ciriaco, la Repubblica, 27 settembre

«La fiducia è l’unico modo per approvare lo ius soli. Confidiamo nel lavoro di Gentiloni, perché il Pd vuole portare a casa questa legge». Parola del Presidente dem Matteo Orfini, dopo lo stop di Alfano.

Dice Ap: non se ne parla, il governo non è un monocolore del Pd.
«Veramente è arrivato un messaggio ancora peggiore. Si oppongono alla legge non perché sbagliata, ma perché non conviene. Dicono che non è opportuna perché gli italiani non la comprenderebbero. La politica ha il dovere di guidare l’opinione pubblica, non di farsi guidare inseguendo i sondaggi, soprattutto se sono in ballo i diritti delle persone. Altrimenti hanno un’ idea piccola della politica».

Il Pd si arrende o farà l’impossibile per portare a casa il risultato?
«La partita finisce quando l’arbitro fischia. Non rinunciamo all’obiettivo. La posizione di Ap è sbagliata, quella di Alfano contraddittoria: due anni fa votarono alla Camera lo stesso, identico testo. E poi le loro motivazioni sono sbagliate e gravi».

Con Ap, tra l’altro, governate da quattro anni. Ora vanno a destra?
«Senta, di fronte a diritti negati a quei bambini non voglio sovrapporre altri ragionamenti, interessi o strategie. Con Ap su molto abbiamo trovato una sintesi, su altro meno: ma questo per il Pd è un punto determinate».

Ci sono ancora margini per convincere Alfano?
«Si deve andare avanti nel confronto per convincere Ap ad approvare lo ius soli. Contestualmente, dobbiamo lavorare per trovare comunque al Senato i numeri necessari per la legge».

A chi pensa?
«Passi positivi sono stati fatti. Sinistra Italiana si è impegnata ad approvare la fiducia tecnica, spero che altre forze offrano spiragli e non si rassegnino a un’ inerzia spaventata».

Pensa ai Cinque Stelle?
«Anche, ma non solo. Credo che dobbiamo fare appello a tutti i parlamentari. Riflettano: negare un diritto a bambini che sono in tutto e per tutto italiani, salvo che per un assurdo vuoto normativo, non fa onore a nessuno».

Orfini, dopo il rinvio di luglio Gentiloni si muove in modo un po’ troppo timido?
«Ma no, Gentiloni ha tutti gli strumenti per lavorare e costruire questa maggioranza, sono certo che lo farà con la consueta sapienza. Il rinvio era per salvare lo ius soli. Fossimo andati in Aula a luglio, saremmo andati sotto al primo emendamento, affossando definitivamente la legge in questa legislatura. Noi, comunque, non rinunciamo a fare tutto quello che serve per approvare il testo».

L’unica strada a questo punto è la fiducia, non le pare?
«Lo dissi mesi fa, quando ero reggente del Pd, perché di fronte all’ostruzionismo minacciato dalla destra la fiducia è l’unico modo per approvare la legge. È naturale che prima di mettere la fiducia il premier debba verificare che questa fiducia ci sia, anche perché nel frattempo dobbiamo garantire la legge di stabilità».

Quindi il nodo va affrontato solo dopo la stabilità? Non è tardi?
«Gentiloni ha detto che approveremo lo ius soli in autunno, stagione che è iniziata cinque giorni fa: abbiamo ancora tempo per lavorarci. È ovvio che essendo a fine legislatura abbiamo poco tempo per fare cose importanti».

Eppure la propaganda è opposta. Dicono non sia il momento adatto a causa dell’immigrazione e del terrorismo. E la Merkel ha sofferto la vicenda dei rifugiati.
«Ma proprio per questo è il momento adatto: aumentando l’integrazione ed evitando la marginalizzazione, aumenta la sicurezza. La destra racconta, in modo indecente, che la legge serve a dare la cittadinanza agli immigrati che arrivano con i barconi: è un falso. Vogliamo riconoscere la cittadinanza a chi è nato in Italia e ha completato un ciclo scolastico. Non si governa con la paura, la sinistra è un’altra cosa».

Intervista di Mauro Favale, la Repubblica, lunedì 4 settembre

 

Le Regionali in Sicilia sono una cosa, le Politiche un’altra. E dunque, secondo Matteo Orfini, 43 anni, presidente del Partito democratico, la «coalizione più larga possibile che stiamo provando a costruire nell’isola attorno alla figura di Fabrizio Micari», quella che va da Angelino Alfano a Giuliano Pisapia, «non potrà essere riproposta a livello nazionale».

Perché?
«Perché la legge elettorale per le Politiche non prevede le coalizioni».

Potreste sempre provare a cambiarla.
«Ci proveremo, certo, ma le possibilità di riuscirci mi sembrano quasi nulle. Non vedo nelle altre forze la volontà di cercare un accordo.

D’altra parte, come si fa, a pochi mesi dal voto, a fare una riforma contro qualcuno?
Per cambiare la legge elettorale dovremmo avere un accordo che tenga insieme noi, Forza Italia, la Lega e i 5 Stelle. Mi sembra molto complicato. E finora le nostre proposte hanno ricevuto sempre dei no».

Quindi alle Politiche ognuno per sé?
«Ciascuno si misurerà con le proprie forze e poi le alleanze si costruiranno il giorno dopo, in base ai risultati. E se un elettore di centrosinistra vuole avere garanzie che non ci sia il rischio di larghe intese o di maggioranze spurie ha un solo modo: votare il Pd e aiutarlo a raggiungere il premio di maggioranza».

Puntate da soli al 40%?
«Quello è il bacino potenziale che il Pd ha dimostrato di poter raccogliere quando sa essere aperto e inclusivo. In questi mesi dobbiamo costruire le condizioni per avvicinarci a quel risultato».

Altrimenti?
«Altrimenti proveremo a costruire una maggioranza con forze omogenee».

Non è detto che basti: sicuro che poi non si arrivi a un governissimo?
«Trovo assurdo parlarne ora. Questo è un pezzo del nostro dibattito interno ma adesso dobbiamo provare a vincere le elezioni da soli. Se non ci riusciremo affronteremo insieme questa discussione. Ma io non rinuncio all’obiettivo».

E in Sicilia, invece?
«Anche in Sicilia vogliamo vincere. Per questo stiamo cercando di costruire la coalizione più larga possibile».

Attorno a Fabrizio Micari? Il rettore si aspetta un esplicito appoggio di Matteo Renzi.
«Siamo tutti impegnati a sostenerlo. Attorno a Micari abbiamo il dovere di presentare una coalizione larga, su uno schema che le forze di sinistra ci avevano chiesto dopo la vittoria di Leoluca Orlando a Palermo».

Ma Mdp non vuole Alfano e con Sinistra italiana andrà su Claudio Fava.
«Segnalo che nella coalizione a sostegno di Orlando, Mdp stava con Alfano. Questa vicenda mi sembra surreale. Mi pare che l’unico obiettivo di Mdp e delle forze di sinistra sia fare di tutto per far perdere il Pd».

Le primarie in Sicilia possono essere uno strumento per arrivare all’ unità del centrosinistra? Le chiede anche il governatore uscente Crocetta.
«È importante che Crocetta faccia parte di questa coalizione: il suo profilo è indispensabile per poter competere adeguatamente. Le primarie, invece, non mi sembrano all’ordine del giorno. Le elezioni sono vicine, è ora di partire con la campagna elettorale».

I sondaggi, però, vi vedono molto indietro rispetto a centrodestra e M5S.
«I sondaggi dicono che se c’è la coalizione siamo in partita».

Una sconfitta in Sicilia può mettere in discussione la linea di Renzi?
«Renzi ha vinto le primarie. Si va avanti con questo assetto».

Passando al governo, dopo l’approvazione della manovra la legislatura si considererà conclusa o c’è spazio per fare anche altro? Lo ius soli?
«Lo ius soli va fatto. Ci siamo assunti un impegno, dovevamo farlo prima dell’estate. Gentiloni ha chiesto di aspettare l’autunno. Ora l’autunno è quasi arrivato e dobbiamo trovare il modo per approvarlo. Poi, dopo la manovra bisognerà provare con la legge elettorale. Ma se non ci fossero le condizioni per modificarla non so quanto senso avrebbe andare avanti».

Il ministro Minniti ha temuto per la tenuta democratica del Paese sulla questione migranti. È d’accordo?
«Minniti voleva dire una cosa ovvia, e cioè che il governo dei flussi migratori fa parte del futuro dell’Occidente, produce tensioni e difficoltà di gestione. Non vedo, però, un rischio per il Paese. Il governo su questo fronte sta agendo bene ma dobbiamo aggiungere due elementi alla nostra azione: è bene gioire perché gli arrivi si sono ridotti. Ma se i migranti non arrivano perché muoiono nel deserto anziché in mare o vengono rinchiusi nei campi di concentramento in Libia c’è davvero poco da esser contenti. Se investiamo nel rapporto con la Libia dobbiamo esigere il rispetto dei diritti umani. E poi c’è una battaglia culturale da fare contro il razzismo montante. È il dovere di una grande forza di centrosinistra».

Intervista di Carlo Bertini, La Stampa, martedì 29 agosto

«Io condivido tutte le scelte del governo, ma ci sono alcune cose da registrare: va messo al centro il tema delle garanzie per chi non arriva più in Libia e dalla Libia. E per chi sente l’obbligo di salvare vite umane è normale considerare le Ong alleati e non nemici».

Matteo Orfini, presidente del Pd, è convinto che si debba «combattere una battaglia culturale contro il clima razzista che cresce nel paese. Una persona che fugge dalla fame e dalla guerra non è un colpevole», quindi «anche i fatti come quelli di Roma non si devono ripetere». Orfini trova «inquietanti le frasi di chi definisce quelle agghiaccianti scene operazioni di cleaning». Per questo lancia uno strale contro «la doppia insufficienza dell’amministrazione capitolina e della prefettura».

Ma la soddisfa l’ azione del governo sul tema più spinoso su cui si giocheranno le prossime elezioni?
«Quanto fatto dal Viminale per ridurre i flussi è positivo, ma bisogna avere delle garanzie, come chiesto dal nostro governo: evitare che i campi di accoglienza in Libia siano campi di concentramento e rafforzare una seria funzione di verifica e di controllo internazionale, affinché chi oggi scappa possa vivere una vita dignitosa. Insomma, bene che arrivino meno migranti, ma non perché muoiano prima di salire sui barconi. Garantiamo standard di rispetto dei diritti umani. E va fatta una battaglia per non cedere al razzismo: spaventa che anche sindaci del Pd usino parole inaccettabili. I problemi vanno gestiti, ma dobbiamo ricordarci che si tratta di persone senza colpa, se non quella di cercare di scappare dalla morte certa».
L’ Europa ci darà una mano?
«Cercare di coinvolgere l’ Europa nella gestione dei flussi è stato difficilissimo, ma qualche risultato lo stiamo cominciando a ottenere, come dimostra l’esito del vertice di Parigi. Fin qui l’ Italia è stata lasciata sola. Il tentativo di coinvolgere la Libia e gli altri paesi africani è importante se si ricorda che chi ha diritto ad essere accolto, deve essere accolto con decoro e dignità. Se a Roma quei rifugiati occupavano un palazzo abusivo era colpa di un sistema di accoglienza che non aveva funzionato al meglio».

Il Pd è bersaglio di strali da sinistra sul tema dei diritti. Rischiate di pagare uno scotto col vostro mondo di riferimento?
«C’è una sinistra salottiera che trova ragione di esistere solo nell’attaccare noi. Siamo l’unica forza politica in Europa che si sta facendo carico di gestire una questione così complessa. Anche noi avremmo commesso errori o possiamo aver trasmesso un atteggiamento sbagliato, ma i fatti parlano a dispetto delle accusa di chi vuole lucrare lo zero virgola in termini elettorali, in modo del tutto speculare a Salvini».

A proposito di elezioni, sul voto per la Sicilia si consuma un altro strappo a sinistra. Un regalo agli avversari?
«Ecco, questo è un atteggiamento esplicito di tafazzismo; è stata proprio la sinistra a chiedere la costruzione di un fronte largo a Palermo, del quale facevano parte anche i moderati. Abbiamo vinto il Comune e siamo andati avanti con la stessa coalizione che volevamo riproporre sul fronte regionale. Ma ciò che andava bene ieri, non va bene oggi. Un altro prodotto del campionario di coerenza di certi compagni…».

Una scelta strategica per distanziarsi da chi occhieggia a Berlusconi?
«No, Mdp è un soggetto politico nato con la sola ragione di tentare di far perdere il Pd. Non di far vincere la sinistra. Volevano fare il nuovo Ulivo e invece rifanno Rifondazione comunista».

Sta dicendo che vogliono far perdere Renzi per indebolirlo alle politiche?
«Mi pare che la strategia sia quella di favorire le nuove destre, 5Stelle compresi. Di fronte a queste scelte del resto festeggiano Grillo e Salvini, non il proletariato».

La legislatura andrebbe chiusa dopo il voto sulla manovra?
«Mi pare un dato oggettivo: dobbiamo chiudere le leggi urgenti e approvare quella di bilancio. Visto che poi nutro poca speranza che si riesca ad omogeneizzare le due leggi elettorali, bisogna valutare se dopo il varo della manovra questo Parlamento sia in grado di fare altre cose buone per il paese».

Intervista di Carlo Bertini, la Stampa, venerdì 21 luglio

«Certo che, per tutti i nostalgici delle coalizioni, si misura molto bene in questa fase quanto sia faticoso procedere così, tra un veto e l’altro, con il rischio di uno stallo».
Matteo Orfini, presidente del Pd, ha gioco facile a bocciare la primazia delle coalizioni, in una fase in cui il governo è paralizzato dai veti di piccoli partiti.

Come farete ad andare avanti fino a Natale così?
«Abbiamo grande fiducia in Gentiloni e questo ci conforta anche se siamo sconcertati del comportamento dei nostri alleati. C’è chi ha fatto addirittura una scissione dal Pd con il solo argomento di rafforzare il governo, salvo iniziare il giorno dopo a votargli contro. Ora vedo che si tenta di far prevalere gli egoismi di partiti anche sul fronte moderato. Noi sosteniamo il nostro governo e ci aspettiamo altrettanto senso di responsabilità».

Bisognerebbe siglare un patto di fine legislatura con Mdp e Ap?
«È chiaro che ci sono alcune urgenze e passaggi obbligati, come la legge di stabilità e ce sono anche altri, ma l’agenda spetta al premier fissarla. È giusto che ci diamo obiettivi ragionevoli e li perseguiamo senza una tensione perenne».

Gentiloni doveva sfidare i veti di Ap sullo ius soli?
«Per me, che tenevo molto a quella legge, non sono state belle giornate vedere Salvini e Casapound festeggiare. Gentiloni ha più elementi per valutare, se ha deciso così lo ha fatto perchè la legge non sarebbe passata. E non ha rinunciato, ha rinviato a settembre, quando si dovrà approvare senza modifiche. Perché non regge la presa in giro di modificarla: significa affossarla».

Chiederete a Mattarella di esercitare moral suasion per far votare la legge di stabilità?
«Non penso vada tirato in ballo il presidente della Repubblica, ma dobbiamo cominciare a discutere della manovra: e tutti si devono far carico di approvarne una con le caratteristiche necessarie per la ripresa del paese. Niente aumenti di tasse, misure per l’occupazione e stabilizzare un pezzo del mondo del lavoro, riducendo il precariato. Queste alcune ricette giuste».

Con che strategia potete puntare a vincere le elezioni?
«La legge proporzionale obbliga a presentare il proprio progetto al paese. Dobbiamo costruire un grande Pd più largo e inclusivo: non ceto politico, ma relazioni con pezzi di società. Abbiamo due avversari, Grillo e la destra, sempre più sovrapponibili. E spero che dopo il voto si possa costruire un governo guidato dal Pd con altre forze di sinistra arrivate in Parlamento».

Un governo guidato da Renzi?
«Noi abbiamo stabilito che il nostro candidato premier lo facciamo scegliere agli elettori con le primarie. So che altri vorrebbero tornare ai tavoli della prima Repubblica. Io preferisco un modello europeo, dove fa il premier chi prende più voti e non chi raccoglie meno veti».

Cosa pensa dell’analisi di Parisi secondo cui Renzi è prigioniero del suo Io e votato a perdere?
«Mi pare sbagliata. Il Pd non è Renzi, ma una grande comunità: meglio perdere che perdersi lo diceva Parisi. Credo che in una fase come questa abbiamo bisogno di credere al progetto del Pd e capire come innovarlo. E la conferenza programmatica di ottobre è proprio questo. Se tutti smontano le tende e vengono a discutere fanno il bene del Pd. Ma una discussione si fa guardandosi negli occhi, non uno a casa, uno in tenda. Se si discute insieme del Pd lo rafforziamo».

Pensa sia possibile un esodo dal Pd, al momento di fare le liste elettorali, di tutte le correnti che verranno marginalizzate?
«La trovo una rappresentazione caricaturale, spero non ci sia nessuno che sta nel Pd in base ai posti che prende».

Ora che si è chiusa la vicenda di mafia­ capitale, ritiene di aver fatto pulizia a sufficienza nel Pd romano?
«Il partito è rigenerato e bonificato. La vicenda giudiziaria si è chiusa con la condanna di tutti gli esponenti Pd che erano indagati, ma anche con il riconoscimento che il Pd di Roma in quanto parte civile è leso dal comportamento dei condannati. Quello che mi pare importante è un riconoscimento del lavoro della procura di Roma che ha inferto un duro colpo alla criminalità».

Intervista di David Allegranti, Il Foglio, 4 luglio 2017
 

Si è appena concluso un fine settimana di duelli incrociati fra sinistra e centrosinistra (a quando un “nuovo” alterco sul trattino fra centro e sinistra?), su alleanze e dintorni. Matteo Orfini, presidente del Pd, dice al Foglio che la discussione è “surreale, non esiste e non è un tema per gli italiani, perché abbiamo una legge elettorale proporzionale che non prevede le coalizioni. Su questo ha ragione D’Alema a dire che le alleanze si fanno dopo le elezioni. Ecco, tutti noi vorremmo fare un governo di centrosinistra, ma dipende da quanto saremo forti. Logica vorrebbe che ci occupassimo, ognuno per la sua parte, del rapporto con il paese invece di chiuderci in una estenuante, divisiva e oltretutto sbagliata discussione sulla coalizione che non esiste. Tra l’altro, sta per cominciare la settima stagione del Trono di Spade, dibattiamo più seriamente su chi si allea per sconfiggere gli Estranei…”.

Ci si chiede come possano Pisapia, Bersani e Pd stare insieme, ma questo, osserva Orfini, “è un problema più loro che nostro. Noi siamo il più grande partito della sinistra d’Europa, abbiamo un’identità chiara, siamo il riformismo italiano di sinistra e abbiamo fatto il Pd per condurre una battaglia che cambi l’Europa. A sinistra del Pd possono nascere altre forze politiche, come nel resto del continente. Ma nessuno in Europa chiederebbe mai al principale soggetto del centrosinistra di occuparsi di soggetti più o meno alternativi. Programmaticamente, siamo orgogliosi del lavoro fatto, anche se restano errori da correggere”.

Per esempio?
“La gestione di alcune riforme non sono state all’altezza, penso a quella della scuola. Dopodiché, in un paese che si è rimesso in moto, in cui l’occupazione è stata creata e la ripresa è stata consolidata, anche se deve accelerare, ci viene chiesta discontinuità. Ma se a chiedercela è chi sosteneva acriticamente il governo Letta, io faccio fatica a partecipare a una discussione di questo tipo”.

Secondo lei quindi il governo Letta non funzionava?
“Lo dicono i dati, non lo dico io. E’ un governo che non ha fatto granché. Ora noi abbiamo il dovere di costruire attorno a un progetto riformista per l’Italia un partito più forte, largo inclusivo. Facciamo il ‘grande Pd’: ricominciamo a parlare con pezzi di società, di mondo della cultura, con gli intellettuali, con il mondo del lavoro. In alcuni casi abbiamo praticato un riformismo introverso, adesso dobbiamo allargarci. E’ quello che abbiamo fatto nel fine settimana a Milano. In due giorni abbiamo rinunciato a parlare noi e abbiamo fatto salire sul palco un po’ di italiani che fanno cose importanti”.

Insomma, il ritorno della società civile.
“La retorica della società civile che andava negli anni Novanta è finita e per fortuna superata. Serve piuttosto un soggetto politico che parli con il paese. Le riforme si fanno con gli italiani, non per conto degli italiani, che vanno coinvolti. Quando noi diciamo che dobbiamo recuperare il voto dei ceti popolari o delle periferie più deboli, la risposta non può essere quella di Franceschini, che pensa di recuperarli facendo un’alleanza di ceto politico da Alfano a Pisapia. A Tor Bella Monaca non mi chiedono con chi mi alleo. Quel distacco dalla politica e dalla sinistra, peraltro, non lo recuperi semplicemente con le politiche, perché non bastano investimenti come il reddito inclusivo o l’intervento sulle periferie. C’è un pezzo di paese che si sente escluso. E a questo serve un partito, non a discutere di Pisapia e Bersani”.

Il ministro della Giustizia Andrea Orlando, suo ex amico, propone un referendum nel Pd sull’alleanza con Berlusconi.
“Sì, il referendum lo possiamo anche fare sull’esistenza di Babbo Natale o sull’Isola che non c’è… E’ un tema che non esiste, poi possiamo sottoporre a referendum anche un gioco di società, ma è una perdita di tempo”.

Esclude quindi qualsiasi alleanza con Berlusconi in futuro?
“Noi siamo alternativi a Berlusconi, ma per evitare le larghe intese bisogna che il Pd prenda tanti voti. Larghe intese che peraltro abbiamo già fatto, perché il Pd era andato male alle elezioni, con Orlando ministro, Speranza capogruppo e Letta presidente del Consiglio. Se continuiamo con questa discussione surreale che appassiona quattro persone in Italia a occhio e croce vince la destra, se è unita, o Grillo”.

Anche perché, come risulta evidente dalle amministrative, “ci sono pezzi di società che comunque non ci votano, come i ceti popolari o i giovani. Serve dunque una risposta non politicista, come quella sulle coalizioni, ma sul ruolo e la funzione di un partito. Se hai un partito che ti obbliga a sviluppare tutta l’attività politica attorcigliata al suo interno, è chiaro che fai fatica a conquistare pezzi di società. Un ragazzo di 20 anni, che ha passione politica, non vuole fare peacekeeping mettendo ordine, in una sezione, fra turchi, franceschiniani e renziani. Quando abbiamo organizzato l’iniziativa delle magliette gialle invece i giovani hanno partecipato”.

Poi, dice Orfini, ci sono “temi politici di cui occuparci, come il lavoro autonomo, le partite iva e gli incentivi per prendere casa in affitto – su questi temi non abbiamo fatto abbastanza – e temi simbolici. Per esempio, stiamo per approvare una legge sulla tortura che per come è scritta è inutile. Ce l’ha detto anche l’Europa, è fatta di compromessi al ribasso. In un paese che ha avuto i casi Cucchi, Aldrovandi, Genova, ci vorrebbe maggior coraggio”.

Insomma, “dobbiamo riconnetterci con questi mondi. Abbiamo fatto un lavoro mostruoso al governo, ma ci siamo dimenticati del partito e della sua funzione”.

Secondo lei ci saranno altre uscite?
“Credo che ci saranno più ingressi che uscite. Associazioni, personalità che arriveranno. Ci stiamo lavorando. Lo abbiamo già visto alle amministrative: c’è un mondo civico di varia natura che deve trovare nel Pd la sua casa. Ci sono tante realtà moderate e di sinistra che potrebbero venire a darci una mano per farci prendere tanti voti ed evitare accrocchi e larghe intese”.

E a Prodi che dice?
“Che è faticoso discutere con uno che sta in una tenda. Prodi la smonti e venga a discutere a casa, per fare una discussione seria nel partito che ha fondato. Anche perché oggi si ricordano con nostalgia epoche rimuovendone però gli elementi negativi. Eppure quelle non furono stagioni straordinarie. Ci ricordiamo il tavolo dell’Unione sovraffollato, i continui ricatti a Prodi su qualunque questione, i trotzkisti che condizionavano la maggioranza di governo. Quindi quando oggi, rifacendosi a quelle stagioni, si parla di coalizioni e maggioritario, io mi preoccupo. Noi siamo orgogliosi di quella storia – è grazie all’Ulivo che c’è il Pd – ma a distanza di decenni possiamo riconoscerne oltre ai meriti anche i limiti. La precarizzazione della vita di tanti giovani iniziò lì, perché creammo flessibilità, ed era giusto farlo, ma non adeguammo il welfare. Un pezzo dei problemi e delle fatiche di oggi nascono dalla precarizzazione di quegli anni. Attenzione a evocare il passato, pensiamo al futuro. Senza mitizzare nulla. Prodi torni a casa. Abbiamo bisogno di lui, per noi è come un padre. E con i padri spesso si discute, a volte si litiga, ma non si smette mai di volersi bene”.