Intervista di Giovanna Casadio, la Repubblica, 29 giugno 2017

Orfini, piovono le critiche di Prodi, di Veltroni, di Franceschini su Renzi e la sua linea politica, forse è il caso di cambiare strada?
«Discutiamo. Per questo è stata convocata la Direzione il 10 luglio. Però a patto di avere rispetto per il Pd, che non è di Renzi, non è di Orfini o di Franceschini ma dei suoi elettori. Al nostro congresso circa due milioni di italiani hanno scelto un leader, Matteo Renzi e una linea politica. Il Pd è di quei due milioni di elettori».

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Intervista di Paolo Pittaluga, Avvenire, 1 giugno 2017

Il presidente del Pd, Matteo Orfini, è a Chia per parlare di privatizzazione delle aziende pubbliche dei trasporti al congresso della Fit-Cisl.

«Abbiamo provato – riassume – a rimettere in moto un settore con una strategia che punta alla trasparenza anche negli appalti. Non è semplice perché dobbiamo recuperare qualche anno di ritardo, ma vogliamo andare avanti e, nonostante restino nodi da scegliere, l’impegno non viene meno». Impegno, appunto, perché sostituire 3.200 bus significherebbe, forse, anche fare ripartire un’industria quasi scomparsa in Italia. Ma le difficoltà sono tante e l’esempio della Toscana degli ultimi giorni è indicativo: dopo vari ricorsi al Tar la gara per il trasporto regionale è finita alla Corte di giustizia europea. «Avevamo l’esigenza di ridefinire la questione degli appalti – puntualizza Orfini –  ma siamo in un Paese dove dopo la gara si va avanti a ricorsi, basti vedere quanto accade per i direttori dei musei. È un fattore di scarsa competitività e si deve agire per non perdere ulteriore tempo e sprecare soldi».

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Intervista di Annalisa Cuzzocrea, la Repubblica, 08 maggio 2017.

Matteo Orfini, cosa insegna la vittoria di Macron al centrosinistra italiano?
«Il fatto che si sia affermato un riformista europeista è la dimostrazione che i populisti si possono battere».

A vincere, però, non sono i socialisti. È un partito nuovo come En marche, dal profilo indistinto.
«Macron non nasce dal nulla, era un ministro del governo socialista che ha fatto una scelta legata a vicende specifiche di quel Paese. E dimostra che quando la sinistra evita di chiudersi in una deriva minoritaria e settaria, è ancora in grado di convincere».
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Intervista di Tommaso Ciriaco, la Repubblica, 01 maggio 2017.

Matteo Orfini, se non è un trionfo di Renzi, poco ci manca: ora arriva “Gentiloni stai sereno”?

«Ma no. Il Pd è il principale partito che sostiene il governo, adesso sarà più semplice farlo». Continua a leggere

Colloquio con Francesca Schianchi, La Stampa, 14 aprile 2017.

«Il Def e la manovrina vanno molto bene: Gentiloni e Padoan hanno ascoltato il Pd». Nelle settimane scorse, il presidente dem Matteo Orfini, “reggente” del partito fino alle primarie di fine mese, era intervenuto più volte per fissare paletti e lanciare allarmi al governo, soprattutto ai ministri tecnici invitati a lasciarsi guidare dalla politica. «Sono intervenuto quando mi sono reso conto che scelte enormi per il Paese si stavano prendendo fra tre persone, senza una discussione».

Uscite e dichiarazioni valse anche qualche sospetto di voler minare l’esecutivo, ma che ora Orfini rivendica con soddisfazione.

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Intervista di Tommaso Ciriaco, la Repubblica, 23 marzo 2017

Altro che l’alleanza con i 5stelle che propone Bersani, «è impossibile». Il Pd deve puntare al 40%. Nel frattempo, aiuti piuttosto il governo a tracciare la rotta giusta in politica economica.

«Per questo – spiega Matteo Orfini, reggente dem – incontrerò oggi i capigruppo dem. Faremo il punto sui prossimi mesi. Poi inizieremo il confronto col governo».

Perché questa necessità?

«La fase è delicata. Per questo è importante che Gentiloni vada avanti, ma rispondendo a una esigenza: da qui a fine legislatura dia priorità ad alcune misure importanti per l’Italia».

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Intervista di Vladimiro Frulletti, 10 Marzo 2017, l’Unità.

L’altro giorno coi volontari della Festa de l’Unità di Modena, mercoledì sera alla nuova sezione di Primavalle a Roma, visto che sta incontrando parecchi militanti del suo partito ci può dire che cosa le chiedono, come stanno vivendo questo momento che, oggettivamente, per il Pd non appare per niente tranquillo.

«C’è forte preoccupazione per la fase che stiamo vivendo. L’uscita dal partito di alcuni nostri storici dirigenti e le divisioni che abbiamo alle spalle ovviamente hanno lasciato delle ferite aperte. Ma c’è anche la convinzione che il nostro congresso può essere la cura adatta. A un patto però: che nei candidati prevalga la cura per la nostra comunità. Si può e si deve discutere, anche duramente. Ma senza mai passare il segno. Il giorno dopo le primarie dovremo avere un partito forte e unito intorno a chi ha vinto, e non il congresso permanente di questi anni, che tanto male ci ha fatto. E chiunque vincerà dovrà fare con umiltà quello che nel mio piccolo sto provando a fare. Se a Modena i volontari della Festa de l’Unità esprimono una sofferenza, chi dirige il partito non deve fare una dichiarazione rassicurante, ma alzare il telefono, prendere la macchina e andare a parlarci. Perché prima di tutti vengono quelli che a questo partito dedicano tempo e passione».

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Intervista di Paolo Mainiero, Il Mattino, 9 marzo 2017

Il congresso sarà una resa dei conti?

«In queste settimane ho personalmente lavorato per suggerire un percorso sereno. Non c’è bisogno di caricare il congresso di veleni o di utilizzare armi improprie. Al Pd serve una discussione vera sui programmi».

L’inchiesta Consip peserà?

«Non credo. La vicenda giudiziaria seguirà la sua strada e i magistrati faranno il loro lavoro. L’inchiesta va tenuta fuori dal congresso».

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Intervista di Monica Guerzoni, Corriere della Sera, 26 Febbraio.

Matteo Orfini, ha sentito Rossi intonare in radio «La Locomotiva» di Guccini?

«Temo che quel treno non finirà benissimo».

I Democratici e progressisti hanno un potenziale del 9%. Le sembra poco?

«La storia della sinistra italiana è la storia di un partito che, dai tempi del Pci, ha sempre considerato sbagliato chiudere la parola sinistra in una nicchia minoritaria e che ha sempre svolto una funzione nazionale. Immaginare di voler chiudere quella tradizione in un contenitore minoritario è la negazione della storia del riformismo italiano». Continua a leggere

Intervista a F. Schianchi su La Stampa, 22 febbraio 2017

«Ora ci sono priorità che il governo deve portare avanti». Avviato l’iter congressuale con la Direzione di ieri, incassata con sollievo la decisione di Emiliano di restare nel Pd, Matteo Orfini, presidente del partito e da domenica, con le dimissioni di Renzi, anche reggente, guarda avanti e fissa un’agenda di governo per i prossimi mesi: stop alle privatizzazioni, legge per «correggere» i voucher e ius soli, da approvare anche con la fiducia. E poi, l’istituzione di una commissione d’inchiesta sulle banche.

Presidente Orfini, andiamo con ordine: soddisfatto della scelta di Emiliano?

«Certo, credo che abbiamo fatto un lavoro positivo. E spero non sia finita qui: mi auguro ancora di riportare sui propri passi anche Rossi e Speranza».

Pensa sia ancora possibile?

«Siamo in uno stato abbastanza avanzato, ma finché non c’ è stato un annuncio ufficiale è mio dovere tentare: considero la non partecipazione al congresso come qualcosa di diverso da un abbandono».

Non sarebbe stato meglio se al lavoro per scongiurare l’uscita di Rossi e Speranza ci fosse stato anche Renzi ieri, volato invece in America?

«No, Renzi ha fatto un gesto rispettoso. Il segretario si è dimesso e ricandidato: non può essere lui a fare la mediazione. Lasciarlo fare alla Direzione e agli organismi del partito è il modo migliore per garantire che nulla venga strumentalizzato: chi ha paura del partito di Renzi non può evocarlo quando lui si dimette».

Se la scissione dei bersaniani sarà confermata, il governo sarà più debole?

«Registro un fatto oggettivo: si pensa di uscire dal Pd per fare un’altra cosa con pezzi di sinistra che oggi sono all’opposizione del governo. Chi attende fuori dal Pd chiederà, come ha già fatto Nicola Fratoianni neo segretario di Si, che il discrimine sia il governo Gentiloni. Mi pare ovvio che una scissione rischierebbe di produrre un sostegno al governo più fragile».

Lei pensa ancora al voto a giugno?

«La mia posizione la espressi pubblicamente a suo tempo. Oggi è stata fatta una scelta diversa e non posso che tenerne conto».

Ma cosa vi costava garantire il sostegno a Gentiloni fino al 2018?

«Lo stiamo sostenendo quotidianamente. Abbiamo detto più volte che il nostro obiettivo è fare quello che serve al Paese, poi la data delle elezioni è nelle mani del presidente della Repubblica e del Parlamento. Ma mentre parte il congresso, non possiamo immaginare che il Pd si occupi unicamente di partito lasciando solo il governo».

Cosa intende dire?

«Il Pd si deve spendere in prima persona su alcune cose che dobbiamo fare».

Quali? 

«Prima di tutto, dobbiamo fare una discussione seria sull’economia. Purtroppo siamo tutti più vecchi e gli anni ’90 sono finiti: riproporre oggi come soluzione a un debito pubblico di oltre 2000 miliardi le privatizzazioni è sbagliato. Abbiamo piuttosto bisogno di rilanciare la funzione delle grandi imprese pubbliche e di capire come usare meglio in questo senso anche Cassa depositi e prestiti. Su questo dobbiamo discutere prima di procedere».

Secondo impegno?

«È una preoccupazione giusta quella del ministro Poletti di rimettere mano alle norme oggetto dei referendum della Cgil. Così come, visto che rivendichiamo di aver restituito un Paese con più diritti, dobbiamo fare un passo avanti in quel campo».

A cosa pensa? 

«Lo ius soli è incomprensibilmente bloccato al Senato: un governo forte e autorevole come il nostro, di fronte a italiani lasciati senza diritti, può pensare ad aiutare l’approvazione con la fiducia».

Finite le priorità? 

«Poi ci sono le cose che spettano al Parlamento: dobbiamo mantenere l’impegno a insediare una commissione d’inchiesta sulle banche».

Insomma Orfini, parla veramente come un segretario.

«Ho perfettamente chiari i limiti del mio ruolo, so che siamo in una fase di transizione, ma credo che il partito non possa restare senza un punto di vista. Dobbiamo passare dalla convegnistica ai fatti e dalle mozioni alle leggi».

Dica la verità, sono i paletti che mette al governo per avere garantito il sostegno del Pd?

«Sono provvedimenti che renderanno ancora più forte il nostro governo».